Qui potete trovare un interessante articolo sulla certificazione energetica tratto dalla rivista IL TECNICO LEGALE n.8, maggio 2011, a cura di di Luca Rollino.
1. Quale è l'origine della certificazione energetica?
La certificazione energetica è stata introdotta dalla direttiva europea 2002/91/CE, meglio conosciuta come EPBD (Energy Performance of Buildings Directive). Gli Stati membri hanno, poi, dovuto recepirla all'interno del proprio sistema legislativo e così ha fatto il nostro Paese con il D.Lgs. 192/2005. In Italia, l'art. 117 della Costituzione lascia, però, la facoltà alle singole regioni di legiferare in materia di energia e di certificazione energetica, pur all'interno di un quadro generale nazionale delineato nel D.M. 26 giugno 2009.
2. Quando è necessario certificare?
La certificazione energetica nasce come strumento di chiarezza nelle transazioni immobiliari, al fine di garantire all'utente finale, intenzionato ad acquistare un edificio o una unità immobiliare, la conoscenza dei costi legati alla gestione energetica dell'immobile. A livello nazionale, devono essere dotati di attestato di certificazione gli edifici di nuova costruzione, gli edifici di grandi dimensioni se ristrutturati integralmente e gli immobili venduti o affittati.
3. Chi può certificare?
Il certificatore energetico deve essere un soggetto "terzo" e "indipendente". Attualmente, l'unico riferimento legislativo nazionale che chiarisca la figura del certificatore energetico è rappresentato dal D.Lgs. 115/2008 che sancisce che può operare come certificatore energetico il tecnico abilitato alla progettazione di edifici e impianti, iscritto a un Ordine o a un Collegio professionale. In mancanza di questi requisiti, è possibile frequentare un corso e superare un esame finale.
4. Quali sono le informazioni riportate sull'attestato di certificazione?
L'attestato di certificazione energetica deve riportare un indice relativo alla prestazione energetica dell'unità immobiliare, ovvero la quantità di energia che si stima essere necessaria per climatizzare gli ambienti in estate e in inverno, per ventilarli, per illuminarli e per produrre acqua calda sanitaria. Questi dati devono essere accompagnati dai valori limite previsti dalla legge, nonché da raccomandazioni su come possano essere ridotti i fabbisogni energetici.
5. Quali metodologie possono essere attuate per certificare?
Il D.M. 26 giugno 2009 riporta in allegato le Linee guida nazionali sulla certificazione energetica. Questo documento prevede due metodologie: una per certificare gli edifici di nuova realizzazione e una per dotare di attestato gli edifici esistenti. In quest'ultimo caso, sono previste anche procedure semplificate per edifici residenziali di dimensioni ridotte, nell'intento di non costringere l'utente finale ad affrontare oneri eccessivi. Così come già affermato dal D.Lgs. 115/2008, devono essere utilizzate le norme della serie UNI/TS 11300.
La direttiva europea 2002/91/CE, meglio conosciuta come EPBD (Energy Performance of Buildings Directive), di recente "rilanciata" con la direttiva europea 2010/31, introdusse sul territorio comunitario la certificazione energetica degli edifici. Tutti gli Stati membri hanno dovuto recepirla e tra questi, ovviamente, anche l'Italia. In realtà la certificazione energetica degli edifici ha, nel nostro Paese, una data di nascita ben precisa: il 9 gennaio 1991, quando viene emanata la legge 10, "Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso nazionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia", dove, all'art. 30, Certificazione energetica degli edifici (abrogato dall'art. 16 del D.Lgs. 192/2005, così come modificato dal D.Lgs. 311/2006), si legge:
1. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge con decreto del Presidente della Repubblica, adottato previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentito il Ministro dei lavori pubblici e l'ENEA, sono emanate norme per la certificazione energetica degli edifici. Tale decreto individua tra l'altro i soggetti abilitati alla certificazione.
2. Nei casi di compravendita o di locazione il certificato di collaudo e la certificazione energetica devono essere portati a conoscenza dell'acquirente o del locatario dell'intero immobile o della singola unità immobiliare.
Ufficialmente, oltre un decennio prima dell'emanazione della direttiva europea 2002/91/CE, l'Italia "giocava d'anticipo", istituendo la certificazione sul proprio territorio. Purtroppo, questa istituzione è rimasta soltanto teorica, poiché priva dei necessari decreti ministeriali attuativi. Solo una quindicina d'anni più tardi la certificazione veniva inserita in uno strumento legislativo operativo, costituito dal D.Lgs. 192 del 19 agosto 2005, successivamente modificato dal D.Lgs. 311 del 29 dicembre 2006.
Tuttavia, nonostante si asserisse che entro centottanta giorni sarebbero stati emanati i decreti attuativi necessari a definire gli attori, i modi e gli strumenti della certificazione, tali decreti sono stati promulgati solo nel 2009.
In attesa dei necessari chiarimenti in proposito, la certificazione veniva sostituita temporaneamente dall'attestato di qualificazione, così come sancito dall' art. 11, comma 1-bis, del D.Lgs. 192/2005. Ma, anche in questo caso, salvo alcune minime precisazioni, nulla di più veniva detto.
Soltanto con l'emanazione del D.M. 26 giugno 2009, contenente le Linee guida nazionali sulla certificazione energetica, si può considerare chiuso l'iter legislativo di attuazione di tale procedura sul territorio italiano. Ma non è tutto.
Un ulteriore elemento deve essere portato a conoscenza per avere un quadro d'insieme della genesi della certificazione energetica in Italia. La nostra Costituzione (art. 117, meglio noto come clausola di cedevolezza) delega alle regioni la facoltà di legiferare in materia di energia, mentre a livello nazionale devono solo essere emanati atti di indirizzo in grado di garantire l'omogeneità dei criteri legislativi sul territorio nazionale. Avvalendosi di questa possibilità alcune regioni, nel periodo di vacatio legis intercorso tra l'entrata in vigore delD.Lgs. 192/2005 e la pubblicazione del D.M. 26 giugno 2009, si sono dotate di un proprio sistema di certificazione energetica, che ora deve essere progressivamente riallineato a quanto previsto dalla Linee guida nazionali, così come sancito all'art. 3, comma 5, del D.M. 26 giugno 2009 ("...le regioni e le province autonome che alla data del presente decreto abbiano già provveduto al recepimento della direttiva 2002/91/CE adottano misure atte a favorire un graduale ravvicinamento dei propri strumenti regionali di certificazione energetica degli edifici alle Linee guida..."). Tra le regioni che devono allinearsi e garantire la coerenza dei propri strumenti con le Linee guida nazionali deve essere citata come esempio la Lombardia, dove la metodologia di calcolo è propria del territorio lombardo ed è implementata nel software CENED+.
Gli obblighi
La certificazione energetica nasce come uno strumento per garantire maggior chiarezza e trasparenza nelle operazioni commerciali immobiliari.
Proprio in conseguenza di questo, prescindendo dagli obblighi introdotti a livello regionale dagli strumenti che le regioni hanno deciso di adottare sul proprio territorio, devono essere dotati di certificazione energetica tutti gli immobili di nuova costruzione o di grande dimensione sottoposti a interventi di ristrutturazione integrale, nonché gli immobili e le unità immobiliari che devono essere venduti. In particolare, il D.Lgs. 192/2005, così come modificato e integrato dal D.Lgs. 311/2006, è molto chiaro al proposito. All' art. 3, comma 3, definisce inequivocabilmente i casi di esclusione:
1. i fabbricati industriali, artigianali e agricoli non residenziali quando gli ambienti sono riscaldati per esigenze del processo produttivo o utilizzando reflui energetici del processo produttivo non altrimenti utilizzabili;
2. i fabbricati isolati con superficie utile totale inferiore a 50 mq.
Gli immobili ricadenti nell'ambito della disciplina della parte seconda e dell'art. 136, comma 1, lett. b) e c), del D.Lgs. 42 del 22 gennaio 2004, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio, non sono esclusi dall'obbligo di essere dotati di attestato di certificazione energetica qualora di grandi dimensioni e ristrutturati oppure venduti, in quanto l'applicazione della procedura di certificazione energetica non implicherebbe un'alterazione inaccettabile del loro carattere o aspetto.
Per interpretazione sistematica della normativa vigente, possono essere esclusi dalla dotazione di certificazione energetica:
- gli edifici "marginali", ossia gli edifici che non comportino un consumo energetico in relazione alle loro caratteristiche tipologiche e/o funzionali (per esempio: portici, pompeiane, legnaie);
- gli edifici inagibili o comunque non utilizzabili in nessun modo e che, come tali, non comportino un consumo energetico (per esempio: fabbricati in disuso, dichiarati inagibili o comunque non utilizzabili);
- i manufatti non riconducibili alla definizione di edificio dettata dall'art. 2, lett. a), del D.Lgs. 192/2005 (edificio è "un sistema costituito dalle strutture edilizie esterne che delimitano uno spazio di volume definito, dalle strutture interne che ripartiscono detto volume e da tutti gli impianti e dispositivi tecnologici che si trovano stabilmente al suo interno");
- i fabbricati "al grezzo" (del resto all'art. 6, comma 1, del D.Lgs. 192/2005 si dice che i nuovi edifici sono dotati "al termine della costruzione").
Ai sensi dell'art. 2 delle Linee guida nazionali allegate al D.M. 26 giugno 2009, la certificazione energetica si applica invece a tutti gli edifici delle categorie di cui all'art. 3, del D.P.R. 412 del 26 agosto 1993, indipendentemente dalla presenza o meno di uno o più impianti tecnici esplicitamente o evidentemente dedicati a uno dei servizi energetici di cui è previsto il calcolo delle prestazioni. Tra le categorie predette non rientrano box, cantine, autorimesse, parcheggi multipiano, depositi, strutture stagionali a protezione degli impianti sportivi, se non limitatamente alle porzioni eventualmente adibite a uffici e assimilabili, purché scorporabili agli effetti dell'isolamento termico. Viene altresì specificato che "nel caso di edifici esistenti nei quali coesistono porzioni di immobile adibite a usi diversi (residenziale e altri usi) qualora non fosse tecnicamente possibile trattare separatamente le diverse zone termiche, l'edificio è valutato e classificato in base alla destinazione d'uso prevalente in termini di volume riscaldato".
Gli edifici che devono essere dotati di attestato di certificazione energetica si dividono in:
1. edifici da dotare a prescindere da un loro trasferimento a titolo oneroso (cosiddetto "presupposto oggettivo");
2. edifici da dotare in occasione del trasferimento (cosiddetto "presupposto traslativo").
Nel primo gruppo rientrano gli edifici di nuova costruzione (ossia quelli in cui il titolo abilitativo sia stato richiesto dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. 192/2005) e quelli di superficie utile superiore a 1.000 mq qualora sottoposti a ristrutturazione integrale degli elementi edilizi costituenti l'involucro, oppure demoliti e ricostruiti in manutenzione straordinaria. L'onere della dotazione spetta al costruttore, al termine dei lavori. Sempre all'interno del primo gruppo vi sono gli edifici "agevolati", ossia quegli edifici sui quali siano stati eseguiti, successivamente al 1° gennaio 2007, interventi finalizzati al miglioramento delle prestazioni energetiche, per i quali si intenda accedere agli incentivi e alle agevolazioni di qualsiasi natura. Infine, devono essere annoverati gli edifici pubblici o detenuti da soggetti pubblici per i quali, dopo il 1° luglio 2007, siano stati rinnovati o stipulati nuovi contratti relativi alla gestione degli impianti termici o di climatizzazione.
Invece, devono essere dotati di attestato di certificazione, con onere a carico del venditore, tutte le unità immobiliari preesistenti che siano oggetto di trasferimento a titolo oneroso. Per queste unità immobiliari il presupposto per la dotazione dell'attestato di certificazione è il trasferimento a titolo oneroso, per il quale si intende, a titolo esemplificativo:
- compravendita;
- permuta, quando tra i beni permutati vi sia un edificio che comporti un consumo energetico;
- assegnazione di alloggi da cooperative edilizie ai propri soci;
- datio in solutum, quando in adempimento dell'obbligazione viene trasferito un edificio che comporti "consumo energetico";
- transazione;
- conferimento di edifici in società;
- assegnazione di edifici da società (a seguito di liquidazione, di recesso di socio ecc.);
- costituzione di rendita vitalizia e vitalizio "alimentare" (compreso un eventuale contratto di mantenimento);
- cessione o conferimento in società di azienda;
- decreto di trasferimento a seguito di procedura esecutiva (qualora, a giudizio di chi scrive, l'obbligo di dotazione riguardi le procedure apertesi dopo l'8 ottobre 2005, non potendo la disciplina dettata dal D.Lgs. 192/2005 ritenersi applicabile retroattivamente).
Ai sensi dell'art. 6, comma 4, del D.Lgs. 192/2005, nel caso di locazione di interi immobili o di singole unità immobiliari già dotati di attestato di certificazione energetica, detto attestato è messo a disposizione del conduttore o a esso consegnato in copia dichiarata dal proprietario conforme all'originale in suo possesso.
Inizialmente, la mancanza dell'allegazione dell'attestato di certificazione all'atto di trasferimento oneroso o la mancata consegna e/o messa a disposizione nel caso di locazione, comportava la nullità dell'atto stesso o del contratto. Tale obbligo è stato eliminato con il D.L. 112 del 25 giugno 2008, convertito con legge 133 del 6 agosto 2008. Con tale decreto, l'attestato doveva essere semplicemente prodotto e non più allegato o messo a disposizione.
Successivamente, con il D.Lgs. 28 del 3 marzo 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 29 marzo 2011, viene introdotto un nuovo principio, ovvero che (art. 13, comma 1, lett. c): "nei contratti di compravendita o di locazione di edifici o di singole unità immobiliari è inserita apposita clausola con la quale l'acquirente o il conduttore danno atto di aver ricevuto le informazioni e la documentazione in ordine alla certificazione energetica degli edifici. Nel caso di locazione, la disposizione si applica solo agli edifici e alle unità immobiliari già dotate di certificazione energetica. Nel caso di offerta di trasferimento a titolo oneroso di edifici o di singole unità immobiliari, a decorrere dal 1° gennaio 2012, gli annunci commerciali di vendita riportano l'indice di prestazione energetica contenuto nell'attestato di certificazione energetica".
Gli attori
A livello nazionale, l'attestato di certificazione energetica deve essere rilasciato da "esperti" o "organismi terzi", dei quali devono essere garantiti "la qualificazione e l'indipendenza" (art. 4, comma 1, lett. c), del D.Lgs. 192/2005).
In mancanza di un riferimento legislativo che chiarisca in modo definitivo i requisiti professionali dei certificatori energetici, si deve far riferimento al D.Lgs. 115 del 30 maggio 2008. Con l'art. 18 si definisce la figura del certificatore introducendo la definizione ditecnico abilitato. Nel decreto in questione si definisce tecnico abilitato "un tecnico operante sia in veste di dipendente di enti ed organismi pubblici o di società di servizi pubbliche o private (comprese le società di ingegneria) che di professionista libero od associato, iscritto ai relativi ordini e collegi professionali, ed abilitato all'esercizio della professione relativa alla progettazione di edifici ed impianti, asserviti agli edifici stessi, nell'ambito delle competenze ad esso attribuite dalla legislazione vigente".
Il requisito dell'abilitazione a progettare edifici e impianti a essi asserviti rende, di fatto, automaticamente certificatori energetici i soli ingegneri (settori a e b) e architetti, in considerazione di quelle che sono le loro competenze sancite a livello nazionale dal Regolamento per le professioni di ingegnere e architetto, approvato con R.D. 2537 del 23 ottobre 1925 e s.m.i. Per gli altri soggetti individuati come potenziali certificatori (soggetti in possesso di titoli di studio tecnico-scientifici, individuati in ambito territoriale da regioni e province autonome), per poter certificare qualsiasi edificio, indipendentemente dalle tecnologie in esso impiegate, dalle dimensioni del medesimo e dai sistemi impiantistici installati, è richiesta invece la frequenza di un corso abilitante, con superamento di un esame finale.
I dati
Ai sensi dell'art. 6, comma 6, del D.Lgs. 192/2005 "l'attestato di certificazione energetica comprende i dati relativi all'efficienza energetica propri dell'edificio, i valori vigenti a norma di legge e valori di riferimento, che consentono ai cittadini di valutare e confrontare la prestazione energetica dell'edificio".
Per prestazione energetica di un edificio si intende la quantità di energia stimata o effettivamente consumata per soddisfare i diversi bisogni (riscaldamento, raffrescamento, ventilazione, illuminazione, produzione di acqua calda sanitaria) connessi a un uso standard dell'edificio.
Tale quantità viene espressa da uno o più descrittori che tengono conto delle caratteristiche costruttive e tipologiche, degli aspetti climatici, del clima degli ambienti interni e di eventuali altri fattori che influenzino il fabbisogno energetico. Sull'attestato di certificazione energetica, la prestazione energetica globale viene espressa attraverso l'indice di prestazione energetica globale EPgl, ottenuto come somma di:
- EPi (indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale);
- EPacs (indice di prestazione energetica per la produzione dell'acqua calda sanitaria);
- EPe (indice di prestazione energetica per la climatizzazione estiva);
- EPill (indice di prestazione energetica per l'illuminazione artificiale).
Nel caso di edifici residenziali (a eccezione delle residenze collettive), tutti gli indici sono espressi in kWh/m2 anno (normalizzazione rispetto alla superficie utile climatizzata), mentre nel caso di altri edifici (residenze collettive, terziario, industria) tutti gli indici sono espressi in kWh/m3 anno (normalizzazione rispetto al volume lordo climatizzato).
La classificazione energetica dell'edificio viene fatta basandosi sull'indice di prestazione energetica globale e le classi energetiche sono derivate come multipli del valore limite, a partire dal 2010, dell'indice di prestazione energetica per edifici di nuova costruzione, così come riportato nel D.Lgs. 192/2005. In particolare, i valori limite che determinano le varie classi a livello nazionale tengono conto del rapporto di forma dell'edificio analizzato (parametro S/V, rapporto tra superficie disperdente e volume lordo climatizzato) e dei "gradi giorno" della località in cui l'unità immobiliare è collocata.
In fase transitoria, non essendo state ancora recepite a livello ministeriale le norme per il calcolo della prestazione energetica per la climatizzazione estiva e per l'illuminazione artificiale (peraltro, quest'ultima non valutata per edifici residenziali), l'indice di prestazione energetica e la classificazione energetica si basano solo sulla prestazione energetica per climatizzazione invernale e per la produzione di acqua calda sanitaria.
Così come previsto dalla direttiva europea 2002/91, l'attestato è corredato da suggerimenti in merito agli interventi più significativi ed economicamente convenienti per il miglioramento della predetta prestazione.
Le metodologie
Il D.M. 26 giugno 2009 riporta in allegato le Linee guida ministeriali. Al par. 4 viene previsto un metodo calcolato di progetto, di riferimento per gli edifici di nuova costruzione e per quelli completamente ristrutturati, e un metodo di calcolo da rilievo sull'edificio o standard, per edifici esistenti. Il primo metodo prevede la valutazione della prestazione energetica a partire dai dati di ingresso del progetto energetico dell'edificio come costruito e dei sistemi impiantistici a servizio dell'edificio come realizzati, mentre il secondo prevede la valutazione della prestazione energetica a partire dai dati di ingresso ricavati da indagini svolte direttamente sull'edificio esistente. Per il calcolo degli indici di prestazione energetica dell'edificio per la climatizzazione invernale (EPi) e per la produzione dell'acqua calda sanitaria (EPacs), si fa riferimento alle norme della serie UNI/TS 11300 e loro successive modificazione e integrazioni. Sono a oggi disponibili la UNI/TS 11300-1, la UNI/TS 11300-2 e la UNI/TS 11300-3, mentre la UNI/TS 11300-4 (per la valutazione del contributo delle fonti energetiche rinnovabili) è in fase di inchiesta pubblica.
Quando si applica il "metodo di calcolo da rilievo sull'edificio o standard", si possono prevedere procedure di rilievo, anche strumentali, sull'edificio e/o sui dispositivi impiantistici, oppure si può sfruttare l'analogia costruttiva con altri edifici e sistemi impiantistici coevi, avvalendosi di banche dati o abachi nazionali, regionali o locali.
E' inoltre possibile basarsi sui principali dati climatici, tipologici, geometrici e impiantistici dell'edificio in esame e, in funzione di quelli, ricavare tutte le informazioni necessarie al calcolo.
Sono previste differenti applicazioni del "metodo di calcolo da rilievo sull'edificio o standard", in funzione della dimensione dell'edificio e della sua destinazione d'uso.
Per il calcolo degli indici di prestazione energetica dell'edificio per la climatizzazione invernale (EPi) e per la produzione dell'acqua calda sanitaria (EPacs), sono previsti pertanto i seguenti tre livelli di approfondimento:
1. si fa riferimento alle norme tecniche di cui al par. 5.1 delle Linee guida nazionali (UNI/TS 11300) e alle relative semplificazioni previste per gli edifici esistenti. Le predette norme prevedono modalità di determinazione dei dati descrittivi del sistema edificio-impianto sotto forma di abachi e di tabelle, in relazione, per esempio, alle tipologie e all'anno di costruzione. Questa procedura è applicabile a tutte le tipologie edilizie degli edifici esistenti, indipendentemente dalla loro dimensione;
2. si fa riferimento al metodo di calcolo DOCET, predisposto da CNR ed ENEA, sulla base delle norme tecniche di cui al par. 5.1 delle Linee guida nazionali (UNI/TS 11300), il cui software applicativo è disponibile sui siti Internet del CNR e dell'ENEA. Questa procedura è applicabile agli edifici residenziali esistenti con superficie utile fino a 3.000 mq;
3. si utilizza come riferimento il metodo semplificato di cui all'Allegato 2 del D.M. 26 giugno 2009, mentre per il calcolo dell'indice energetico per la produzione dell'acqua calda sanitaria (EPacs) ci si riferisce alle norme UNI/TS 11300, per la parte semplificata relativa agli edifici esistenti. Questa procedura è applicabile agli edifici residenziali esistenti con superficie utile fino a 1.000 mq.
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